Giappone, Singapore, Corea del Sud e Cina: in questi paesi la velocità di collegamento web, e quindi le infrastrutture per realizzare la banda ultralarga, è un obiettivo statale. Nel nostro continente è il mercato che invece regola le possibilità di collegamento – i “sovraccarichi” familiari – e quindi la velocità finale di download. Normalmente il collegamento Adsl nelle nostre case dovrebbe assicurare i venti mega di connessione; se scegliamo la fibra ottica saliamo tra cinquanta e cento mega, soglia che definisce la banda ultralarga. Il discorso cambia se analizziamo i collegamenti mobili, anche se pare ormai pronta la quarta generazione di connessione (Long term evolution) che dovrebbe presto portare a soglie molto alte: ma solo sulla carta, perché rimarrà sempre la suddivisione di banda tra gli utenti connessi in un dato momento in una data cella. Ma è così importante superare il “digital divide” tecnologico, arrivando a velocità – quindi capacità di banda – sempre più alte? E’ fondamentale perché l’interazione di scambio dati – tramite Facebook, Twitter, iTunes – e lo streaming video caricheranno sempre di più gli operatori commerciali dell’obbligo di garantire velocità ottimali. Tutto questo scenario potrà avere presto un altro protagonista che oggi già c’è ma non è molto considerato nel panorama della banda larga: il satellite. Google sembra pronta a forti investimenti (oltre un miliardo di dollari) per avere satelliti in grado di dare copertura e banda ad aree non cablabili a breve. E in Italia? Con i progetti smart city l’obiettivo velocità è tornato attuale: se ne parla ad ogni livello politico. Ma l’obiettivo primario rimane ancora quello: garantire la banda larga ovunque.