Filippo Tincolini, scultore e artista contemporaneo, ha trasformato la sua mostra Human Connection in un fenomeno culturale: oltre 40.000 visitatori da febbraio, un dialogo tra tradizione e innovazione, tra fisico e virtuale. Un’ora di conversazione incredibilmente profonda in un’omnicanalità sapientemente bilanciata per scoprire il segreto di questo successo transgenerazionale e il suo messaggio in un’epoca di relazioni liquide.
Connessioni autentiche nell’era dell’iper-digitalizzazione
“Una connessione autentica è un lusso emotivo”, esordisce Tincolini. “Viviamo in un mondo iperconnesso, eppure sentiamo il bisogno di urlare ‘siamo corpi’. La mia mostra celebra la lentezza, la memoria, la collaborazione tra artista e pubblico e anche quella, troppo spesso dimenticata, dell’artista e i suoi collaboratori.”
Human Connection non è solo un titolo, ma un manifesto: opere in marmo che cristallizzano attimi fugaci, sfidando la velocità di oggi e dei social. “Il marmo diventa archivio di emozioni un testimone silenzioso”, spiega Tincolini.
Il pubblico risponde con entusiasmo: visitatori di ogni età si fermano davanti alle sculture, scattano foto, caricano sui social, taggano l’artista e ne discutono insieme, creando un “cortocircuito generazionale”. “È come se avessi piegato la linea del tempo per connettere”, racconta Tincolini.
Social media: tra viralità e lentezza creativa
Con centinaia di migliaia di follower su Instagram (ad oggi, 212.000 follower), Tincolini sa bene il potere dei social, ma li usa con consapevolezza: “Sono strumenti per ampliare l’esposizione, ma l’arte richiede tempo. Una scultura nasce in mesi, anni, appartiene alla lentezza del tempo che scorre, i social la raccontano in “un’istantanea” al pubblico che poi la deve vivere”. E spesso, i visitatori arrivano anche dai social. Alcune sue opere, come Spaceman (l’astronauta con radici che affondano nella terra), sono diventate virali, ma il messaggio va oltre lo schermo, e diventa rappresentativo dell’artista: “Human Connection è la vita vera, quella che dobbiamo proteggere e ricordare, le nostre radici. Spaceman guarda al futuro, ma con la forza della natura che si riappropria degli spazi fisici e mentali”. “Attraverso i social mi connetto alle persone, che mi taggano, mi chiedono informazioni, condividono i loro pensieri”, un vero e proprio “prolungamento” del dialogo.
Il messaggio chiave: dubitare, riflettere, emozionarsi
Tra tutte le opere, Spaceman incarna il cuore della mostra: “Rappresenta l’uomo sospeso tra tecnologia e radici, tra futuro e identità. La natura che rompe la tuta spaziale è un invito a interrogarci.” Ricorda il periodo del Covid, chiusi, connessi attraverso il digitale, mentre fuori, la natura si riappropriava degli spazi.
Una mostra diffusa che accompagna lo spettatore in un percorso di rimandi, emozioni, interrogativi. Perché ogni opera porta con sé il messaggio dell’artista, e la volontà di portare le persone a riflettere. Come con l’opera Pinocchio, opera-simbolo: “Un ricordo di infanzia, quando i ragazzini di nascosto dai genitori fumavano e venivano rimproverati dagli adulti con un amorevole “torna a casa bischero” e contestualmente rappresenta una metafora (non lo uso più, lo porto in soffitta) e della dignità umana: se non rifletti, finisci incanalato nel flusso, dimenticato in soffitta.” Ancora una volta nelle nostre strade, nelle nostre storie si manifesta il grillo parlante, la coscienza che tutti noi conosciamo dalla storia che ascoltavamo, o guardavamo da bambini (a seconda della generazione). Ma in questa versione dorata e luccicante ci ricorda quanto sia preziosa da custodire quell’emozione, memoria, frase, così come le nostre radici.

Marmo e digitale: equilibrio tra perfezione e imperfezione
Tincolini fonde tecniche antiche e, come spiega lui stesso, tecnologia, che oggi non può mancare tra gli attrezzi dell’artista, che saprà lui come gestire e quando. Naturalmente rifiuta l’idea che la tecnologia possa sostituire l’artista: “La modellazione digitale è un utensile, ma la finitura è sempre manuale. È lì che lascio l’anima: un segno, un’incisione, un’emozione che deve durare nel tempo.”
“L’AI non conosce il fallimento, il sudore, la materia che resiste”, aggiunge. “Il marmo è un testimone silenzioso: dura millenni, per questo l’ho scelto come materia. Persistere nel tempo a differenza dell’effimero che ci gratifica al momento e poi scompare.”
L’arte come resistenza poetica
In un’epoca di automazione, Tincolini difende il ruolo umano: “L’arte deve generare domande, non essere ‘consumata’. Le mie opere sono popolari, ma portano con sé domande: parlano a tutti, senza rinunciare alla profondità.”
La mostra si chiude con un invito: “Nella società digitale, il tempo è l’unico vero lusso. L’arte ci ricorda di fermarci, connetterci, sentirci vivi.”
Human Connection è più di una mostra: è coinvolgimento sociale, un ponte tra epoche e linguaggi. Tincolini, con il suo marmo “digitale”, ci ricorda che la bellezza autentica nasce dalla lentezza, dal gesto imperfetto, dal coraggio di dubitare.

Info mostra:
- Dove: Pietrasanta
- Fino al: 2 giugno
- Social: @filippotincolini
Ne ho parlato anche su Instagram in questo post