Di seguito pubblichiamo un articolo a firma di Alessandro Lovari, apparso sul numero 134 della rivista Universitas.
Alcuni studiosi hanno evidenziato come, fino a pochi anni fa, i communication mix degli atenei italiani fossero ancora troppo tradizionali, ancorati a mezzi cartacei e con un rilevante uso delle attività di publicity (Morcellini, 2002; Morcellini & Boldrini, 2005; Lovari, 2009). Le attività di comunicazione venivano infatti curate da strutture spesso di nuova istituzione, con la presenza di consulenti provenienti dai media o dalla pubblicità che trasferivano pratiche e strategie al contesto universitario in una “corsa alla matricola” (il così detto marketing recruitment), stimolata e fatta ostaggio dalla “riforma del 3+2” e dal clima di competizione tra gli atenei.
In quegli anni la comunicazione universitaria godeva di budget elevati che permettevano la realizzazione di campagne pubblicitarie estensive, indirizzate all’opinione pubblica e agli opinion maker, piuttosto che calibrate su target specifici come gli studenti potenziali e le loro famiglie. Era la stagione d’oro della comunicazione universitaria, con la sperimentazione di nuove forme di comunicazione istituzionale, come il merchandising, le radio e le tv di ateneo, iniziative spesso frutto di logiche di promozione di immagine dei vertici politici, piuttosto che scelte strategiche di strumenti di dialogo con la comunità studentesca.
La crisi economica, il taglio dei budget di comunicazione e la spending review, le continue riforme del sistema universitario (Martino & Valentini, 2007; Morcellini & Martino 2005), la disinformazione di larga parte del sistema dei media sul tema atenei, e non ultima l’evoluzione dei consumi mediali e dei comportamenti di information scouting degli studenti hanno portato le università a dover ripensare la propria comunicazione e le modalità di relazione con i pubblici. Da diversi anni ormai, le università hanno cambiato rotta comunicativa, con una evidente “deriva digital” dei communication mix universitari: oltre ai portali web istituzionali sono infatti nate nel biennio 2008-2009 le prime colonizzazioni del web sociale, attraverso l’apertura di presidi su social media, quali Facebook, YouTube e Twitter (Aquilani & Lovari, 2008, 2009).
Seppure all’interno di un approccio multicanale, è evidente che un numero crescente di istituzioni universitarie stia integrando nelle proprie strategie comunicative strumenti 2.0 e social networking sites allo scopo di diffondere informazioni senza l’intermediazione dei mass media, di sviluppare una relazione dialogica con gli studenti durante tutto il ciclo di vita accademica, da studenti potenziali a matricole, da laureandi ad alumni (Lovari, Mazzei, Vibber, in press).
Un’analisi sulla social presence dei 95 atenei italiani condotta due anni fa (Lovari & Giglietto, 2012) aveva messo in evidenza come circa la metà (51,6%) delle università fosse presente in almeno un social media. Dati in continua crescita come riscontrato anche dalla recente ricerca Nexa1 che ha rilevato come la social university sia ormai una realtà in oltre l’80% degli atenei italiani. Se all’interno di questo biennio c’è stato un forte incremento di presenze social, soprattutto su Twitter, occorre notare come alcune tendenze rimangano costanti: in particolare come siano le università private e medio-piccole quelle che hanno maggiormente intuito le potenzialità di questi strumenti, oltre ad una generale resistenza all’adozione di un vero e proprio approccio dialogico con gli studenti, come mostra la chiusura delle bacheche di Facebook ai commenti e ai messaggi degli studenti in circa la metà degli atenei.
Social media, tra broadcasting e voglia di relazionalità
Parafrasando le parole di James Grunig (2009) sembra che gli atenei stiano utilizzando i nuovi media partecipativi nella vecchia tradizionale maniera, in modalità asimmetrica e top-down, come se fossero brochure o press releases. Per sfruttare al meglio le potenzialità dialogiche di questi mezzi, occorre invece adottare una differente strategia, innescando un nuovo patto comunicativo; altrimenti il rischio è di promuovere una mera retorica dell’innovazione tecnologica (Lovari 2013), deludendo le aspettative dei pubblici, con un effetto boomerang che non gratifica né il lavoro di chi gestisce queste interfacce digitali negli atenei, né i suoi pubblici online.
Dalle ricerche empiriche emerge che spesso le università hanno timore ed esitano ad aprire le proprie timeline alle voci dei pubblici connessi: tra i principali motivi le generali resistenze al cambiamento delle organizzazioni complesse, l’impreparazione degli atenei a gestire la voce critica degli studenti su piattaforme pubbliche; oltre che la mancanza di personale specializzato a una gestione comunicativa strategica di questi media digitali.
Il processo di colonizzazione del web sociale si differenzia da ateneo ad ateneo: ogni università ha sperimentato in modo diverso dalle altre la “domesticazione” del web sociale, con percorsi di innovazione caratterizzati da complesse e articolate pratiche di assemblaggio (assembled mix) tra tecnologie digitali e culture comunicative proprie di ogni ateneo. In alcuni casi assistiamo a una proliferazione di presenze social dello stesso ateneo: pagine istituzionali, profili di uffici e di dipartimenti, presìdi gestiti da personale esterno agli uffici di comunicazione, evidenziano quel clima di wild west dei social media che caratterizza le prime fasi del processo di istituzionalizzazione dei social in ambito istituzionale (Mergel & Bretschneider, 2013).
Così notiamo come le presenze ufficiali social non siano visibili nei portali ufficiali universitari, quasi come se alcuni atenei fossero timorosi di mostrare un investimento strategico sui social media come mezzi di comunicazione con gli studenti. Inoltre spesso non viene indicato chi gestisce questi presìdi, qual è la mission delle pagine istituzionali e la policy di pubblicazione dei contenuti.
Ad esclusione di pochi casi di eccellenza, notiamo come l’uso dei social da parte degli atenei italiani sia ancora prettamente di tipo unidirezionale, incentrato sulla promozione di immagine, senza cercare di attivare engagement e relazionalità con i diversi pubblici.
Utilizzare strategicamente i social media: alcune linee guida
Utilizzare i social media in maniera dialogica richiede un differente approccio da parte degli atenei. Innanzitutto occorre un commitment forte nell’accettare una modalità di comunicazione digitale che implica la costruzione e la gestione di un modello relazionale dinamico (Lovari, Mazzei & Vibber, in press).
L’uso dei social media nel communication mix deve essere considerato strategico in quanto vero e proprio marker identitario: la presenza sui social media comunica chiaramente la scelta di essere trasparenti e la volontà di aprire l’università al dialogo con i suoi pubblici.
Sulla base di questi assunti, è possibile definire alcune linee guida da adottare per gestire strategicamente i social per sviluppare relazioni tra università e studenti e per “coltivarle” durante tutto il ciclo di vita universitario.
In primis, è importante identificare l’ufficio incaricato di gestire la presenza ufficiale dell’università sui social media. Ciò è fondamentale per garantire un posizionamento coerente dell’istituzione fin dalle prime fasi di sviluppo del progetto. Una volta individuato l’ufficio, è importante scegliere le risorse umane e le figure professionali (ad esempio, social media manager) appropriate per formare una social media task-force che si prenderà cura di presidiare le piattaforme e alimentare lo storytelling istituzionale. Possibilmente, sarebbe preferibile gestire internamente questa attività piuttosto che affidarla ad agenzie esterne.
L’outsourcing della comunicazione sui social media potrebbe infatti portare a difficoltà/distonie in termini di coerenza d’immagine e di accuratezza delle informazioni, soprattutto in casi di crisi dove è necessario un presidio forte dell’istituzione. Per gestire al meglio la strategia, le università dovrebbero inoltre adottare un social media plan e armonizzarlo all’interno delle strategie comunicative dell’ateneo, dialogando con gli uffici di comunicazione e informazione.
In secondo luogo, l’uso strategico dei social media implica la scelta degli obiettivi e della strategia editoriale da utilizzare nei presìdi istituzionali. Tra i possibili obiettivi: migliorare la reputazione dell’università, costruire e/o consolidare un rapporto di loyalty con i propri utenti, raccogliere il feedback dei pubblici connessi, sviluppare un senso di orgoglio e di appartenenza negli studenti, ascoltare le loro esigenze per migliorare e ottimizzare la gestione dei servizi. Dal lato della pianificazione strategica è fondamentale definire una policy per ottimizzare la presenza dell’università sul social web.
Per esempio, è indispensabile definire i modi e i tempi di risposta agli utenti per poter garantire il potenziale dialogico e di engagement di queste piattaforme. È inoltre necessario decidere se aprire o meno la pagina ufficiale ai post e ai commenti degli utenti, e identificare le azioni da intraprendere in caso di messaggi critici o addirittura offensivi verso l’ateneo.
In terza istanza, per evitare possibili confusioni con falsi profili universitari, il responsabile della comunicazione sui social media dovrebbe redigere accuratamente la sezione di descrizione, confermando che si tratta della presenza ufficiale dell’ateneo anche attraverso l’uso del logotipo dell’università. Tuttavia, queste azioni non sono sufficienti per determinare se una pagina è ufficiale: per questo motivo, si consiglia di inserire una social media bar sul portale istituzionale in modo che gli studenti possano facilmente riconoscere e connettersi ai presìdi social ufficiali cliccando su queste icone.
In quarto luogo, è strategico fornire feedback ai propri utenti sul fatto che i loro messaggi siano stati presi in considerazione per migliorare la relazione dialogica o la qualità dei servizi. Per questo motivo, le università dovrebbero innanzitutto concentrarsi su come “canalizzare” le voci degli studenti, fornendo spiegazioni chiare su come sono state utilizzate le “voci digitali” nei processi decisionali universitari, creando modi per visualizzare, distribuire e diffondere questo feedback, anche attraverso l’uso di infografiche. Queste azioni aiutano a costruire la fiducia, dimostrano un ascolto attento delle esigenze degli utenti e facilitano lo sviluppo di relazioni dialogiche. Parallelamente possono essere svolte attività di cyberscanning per raccogliere feedback e commenti sulla reputazione dell’università da altre piattaforme social, non solo allo scopo calibrare le strategie di comunicazione, ma anche per monitorare la percezione del rapporto università- studente nel web sociale.
Un ultimo consiglio è quello di monitorare e misurare l’impatto dei social media sulle relazioni tra università e studenti. Oltre ad adottare strumenti quantitativi relativi alle metriche (per es. numero di fan, re-tweet, visualizzazioni video, etc.), le università possono utilizzare survey e sondaggi per valutare questioni specifiche, possono realizzare analisi del contenuto dei messaggi postati (anche attraverso forme evolute di sentiment analysis), o sperimentare tecniche di etnografia digitale per analizzare i comportamenti comunicativi degli studenti negli spazi social colonizzati dalle università. Il monitoraggio diventa fondamentale non solo per la reputazione dell’ateneo ma anche per ricalibrare obiettivi e strategie della presenza sui social.
In conclusione l’uso pervasivo dei media sociali può rappresentare un interessante campo di analisi e studio per la comunicazione universitaria, oltre ad essere un learning playgroud all’interno del quale sviluppare nuove competenze e abilità per i comunicatori universitari. Queste linee guida forniscono alcuni consigli pratici per sviluppare una presenza online mirata a favorire un efficace rapporto dialogico tra un ateneo e i suoi studenti durante il ciclo di vita dello studente. Si tratta di un approccio pragmatico, sicuramente non esaustivo, ma utile per affrontare sfide comunicative che non possono essere sottovalutate da quelle università che intendono costruire una presenza distintiva e di qualità nel web sociale.
1 Cfr. #socialUniversity: le università italiane sui social network
Riferimenti bibliografici
– Aquilani B., Lovari A., 2008, The “new season” of University communication between institutionalization and strategic target relationships: an empirical analysis of internet web sites of Italian universities, in: Invernizzi E., Falconi T.M., & Romenti S. (eds.), Insitutionalising PR and corporate communication: Proceedings of the Euprera 2008 Milan Congress, Pearson Education Australia, vol. 2, pp. 1132-1165.
– Aquilani B., Lovari A., 2009, Social Networks and University communication: is Facebook a new opportunity? An Italian exploratory study, International Qmod and Toulon-Verona Conference on Quality and Service Sciences (Icqss), (1-15), August 27-29, Verona.
– Boldrini M., Morcellini M. (a cura di),2005. Un’idea di università, FrancoAngeli, Milano.
– Grunig J. E., 2009, Paradigms of global public relations in an age of digitalisation, Prism, 6, 2.
– Lovari A., 2010, Università on the Wall. Gli atenei e il mondo universitario nelle bacheche di Facebook, in Comunicazionepuntodoc, 3, 225-239
– Lovari A., 2013, Networked citizens. Comunicazione pubblica e amministrazioni digitali. FrancoAngeli, Milano.
– Lovari A., Giglietto F., 2012, Social Media and Italian Universities: An empirical study on the adoption and use of Facebook, Twitter and Youtube(January2,2012).
– Lovari A., Mazzei A., Vibber K. (forthcoming),
University-student relations: dynamic framework in offline and digitale environments, in Ki E-J., Kim J-N.,Ledingham J. (eds.) Public Relations As Relationship Management. A Relational Approach To the Study and Practice of Public Relations, Routledge, New York.
– Martino V., Valentini E. (a cura di), 2007, Il sistema università nella XIV Legislatura, La Biblioteca Pensa Multimedia, Lecce.
– Mergel I., Bretschneider S., 2013, A Three- Stage Adoption Process for Social Media Use in Government, in Public Administration Review (Par), 73(3), pp. 390-400.
– Morcellini M., 2002, Un marketing dei servizi, in Universitas, 84, 18-19.
– Morcellini M., Martino V., 2005, Contro il declino dell’università, in Il Sole24 Ore, Milano.