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Le nostre vite sono davvero aumentate? La parola a Massimo Canducci

Massimo Canducci

Le parole chiave di Massimo Canducci sono #ai, #future, #metaverse, #innovation e #technology. Tutte rigorosamente in inglese. Lui è direttore dell’innovazione del Gruppo Engineering, Faculty Global di Singularity University, Membro del Forbes Technology Council. Accademico, columnist, autore di diversi saggi. Oltre, ovviamente, ad essere amante della Tecnologia. Quella con la T maiuscola.

1.    Nei suoi ultimi lavori editoriali, “Pezzi di futuro” e “Vite aumentate”, affronta il tema del cambiamento che stiamo attraversando, come esseri umani, rispetto alle tecnologie. Come sta cambiando la parte più profonda di noi rispetto a questa rivoluzione?

Stiamo attraversando un periodo straordinario per via delle grandi opportunità che abbiamo a disposizione grazie all’enorme disponibilità di tecnologia e alla buona capacità che mediamente abbiamo di trasformarla in qualcosa di realmente impattante sulle nostre vite e sul mondo che ci circonda.

Questi cambiamenti, da anni, stanno influenzando profondamente molti aspetti della nostra vita. Basti pensare a quanto siano profondamente diverse le modalità con cui comunichiamo oggi con i nostri amici rispetto a come facevamo soltanto qualche anno fa; oppure all’enorme mole di conoscenza che abbiamo oggi a nostra disposizione grazie alla rete e al lavoro di tantissimi creatori di contenuti, rispetto alla necessità di un tempo di apprendere nuove nozioni basandosi unicamente su libri, riviste specializzate o corsi in presenza.

Le nuove possibilità offerte dalle tecnologie del presente stanno portando cambiamenti profondi anche nelle nostre abitudini e competenze. Siamo più portati, per esempio, a non fare lo sforzo di ricordare le informazioni che sappiamo dove poter recuperare. Una volta, per esempio, ricordavamo moltissimi numeri di telefono, soprattutto di amici e familiari. Oggi quasi nessuno ha più questa necessità. È un bene per la semplificazione delle nostre vite, è un male perché progressivamente perderemo queste competenze.

2.    Futuro e intelligenza artificiale: cosa ci dobbiamo aspettare in un prossimo futuro?

Utilizziamo l’intelligenza artificiale da anni in moltissime attività quotidiane, si tratta della tecnologia alla base, per esempio, dei motori di ricerca, degli strumenti di traduzione, dei navigatori satellitari e dei motori di raccomandazione, quelli che ci suggeriscono la musica che potrebbe piacerci o i prodotti che potrebbero interessarci. Queste tecnologie sono diventate nel tempo strumenti che ci aiutano nella nostra vita quotidiana e, la maggior parte delle volte, non ci rendiamo nemmeno conto della complessità tecnologica che è nascosta dietro le quinte di applicazioni e servizi. Più recentemente abbiamo sentito parlare di intelligenza artificiale soprattutto in relazione ai motori di generazione di testi e di immagini, strumenti che in brevissimo tempo sono diventati compagni inseparabili di professionisti e studenti, ma, come spesso accade, nel campo dell’intelligenza artificiale siamo solo all’inizio.

Gli strumenti di generazione si sposteranno sempre più verso contenuti specialistici, come i modelli 3D, i progetti industriali, i farmaci o i vaccini, cambiando radicalmente le modalità di produzione di queste e di altre tipologie di contenuti. Molte delle cose che oggi si generano a mano, si potranno generare presto in modalità automatica o semi-automatica proprio grazie a nuove famiglie di algoritmi.

Allo stesso modo avremo enormi passi avanti negli assistenti vocali. Quelli che oggi  sono strumenti molto limitati e che usiamo per compiti banali, presto saranno in grado di comprendere molto meglio le nostre richieste, anche quelle complesse, e potranno completare compiti molto più articolati e difficili, come prenotare interamente una vacanza. Procedendo in questa direzione, andremo verso la disponibilità di veri e propri Assistenti Digitali Universali: strumenti in grado di aiutarci in tutte le nostre attività quotidiane, in modo reattivo come accade oggi, ma anche in modo proattivo suggerendoci soluzioni o comportamenti quando ve ne sarà la necessità.

Il passo successivo sarà dato dalla possibilità di fornire un corpo fisico, magari antropomorfo, a queste macchine software, in modo da avere robot personali in grado di svolgere compiti sempre più complessi nelle nostre abitazioni o sul luogo di lavoro.

Insomma: ci aspettano enormi passi avanti e qualche domanda a cui dovremo provare a dare risposta.

3.    Francesco Profumo, ex Ministro e Rettore di OPIT-Open Institute of Technology, in un suo intervento su “La Stampa” di qualche giorno fa, riferendosi a GPT ha detto: “Gli unici riferimenti temporali che possono competere sono l’arrivo del motore a vapore e dell’elettricità”. Cosa ne pensa?

Penso che Profumo abbia ragione, la disponibilità al pubblico di ChatGPT ha prodotto una corsa alla realizzazione della migliore piattaforma di AI generativa, mettendo in campo moltissime aziende e miliardi di dollari di investimenti. Il risultato è un’accelerazione notevolmente superiore a quello che ci si poteva attendere inizialmente, con la nascita di aziende in ogni settore che possa avere qualche correlazione con gli strumenti di generazione automatica di qualunque tipologia di contenuto. Il concetto stesso di AI generativa viene percepito come la capacità delle macchine di affiancare i lavoratori in molti settori, aumentandone la produttività in modo importante e diminuendone di conseguenza i costi. Oggi siamo abituati a pensare alla generazione di testi e immagini, ma quando ci si sposterà verso tipologie di contenuti molto più complessi, e che oggi necessitano di mesi di progettazione da parte di professionisti specializzati, sarà più chiara la portata del fenomeno.

4.    Studio, apprendimento, formazione: sono sufficienti per non aver paura della tecnologia?

Capisco che, in generale, sia normale aver paura di quello che non si conosce. Tuttavia, come dicevo in precedenza, molti aspetti della nostra vita sono migliorati sensibilmente dalla tecnologia e questo diventa ancor più evidente quando la tecnologia stessa diviene invisibile. Quello che ci interessa, in fondo, è il riuscire a svolgere un compito in modo più efficiente, meno faticoso e costoso e più velocemente, non certo il dispositivo che ce lo consente o la tecnologia che c’è dietro.

Questo, tuttavia, non significa che dobbiamo rimanere indifferenti agli eventuali utilizzi spregiudicati che si possono fare della tecnologia. Di fronte a nuove soluzioni tecnologiche, infatti, dovremo sempre domandarci non soltanto quali siano gli impatti diretti sulle nostre vite, ma anche gli impatti secondari, come quelli sul mondo del lavoro, sull’ambiente che ci circonda, sul trattamento dei nostri dati personali, sull’eventuale sfruttamento di popolazioni di zone povere del mondo, eccetera. Serve una nuova forma di consapevolezza che si può allenare proprio con lo studio e l’approfondimento.

5.    Lei è un docente universitario, un direttore dell’innovazione: quale percorso di studi consiglierebbe alle nuove generazioni per lavorare nell’ambito delle nuove tecnologie?

Iniziamo subito col dire che chi è appassionato di nuove tecnologie oggi è da considerarsi estremamente fortunato, perché con buona probabilità riuscirà a far diventare la sua passione un lavoro. Già oggi la domanda di professionisti è superiore all’offerta disponibile, e questa forbice in futuro è destinata ad allargarsi, con inevitabili effetti sugli investimenti in formazione specializzata e sulle retribuzioni.

Non bisogna tuttavia pensare che per operare in questi ambiti sia necessaria una formazione esclusivamente tecnica. Al contrario esistono profili eccellenti che hanno una formazione classica o umanistica, sia a livello di scuola superiore che universitaria.

Quello che conta, infatti, non è soltanto la tecnologia, ma anche l’impatto che con la tecnologia si può generare sulla vita delle persone, ecco perché i profili umanistici hanno, e avranno sempre di più, una grande rilevanza. Si pensi, per esempio, a tutti gli aspetti etici legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale: in questi ambiti avere una formazione umanistica o filosofica rappresenta una marcia in più.

In ogni caso, il mio suggerimento generale, è di studiare quello che appassiona, e poi cercare di trasformare la passione in un lavoro. In alcuni ambiti è più facile, in altri è più complesso, ma è l’unica via per avere un rapporto sano con il proprio lavoro.

6.    Blockchain, metaverso, tecnologie emergenti, AI: ne parliamo tutte e tutti, ma dal suo osservatorio, quale crede sia effettivamente il grado di conoscenza del cittadino su questi temi?

Le persone che non hanno una specializzazione su questi temi, si accorgono dell’esistenza di queste tecnologie solo grazie ai media generalisti: dalla televisione ai quotidiani. Questo raramente è un bene, perché i messaggi che vengono passati, molto spesso, sono di eccessivo ottimismo oppure inutilmente preoccupanti. Si parla di blockchain spesso in riferimento alle criptovalute e alle potenziali truffe che possono esserci in quel comparto, oppure si parla di metaverso solo per trasmettere il messaggio che in futuro tutta la nostra vita diventerà virtuale e perderemo il contatto con la vita reale. Tutte semplificazioni che non hanno senso e che generano solo confusione.

Per fortuna esistono rubriche di approfondimento, anche in radio e televisione, che spiegano molto bene la tecnologia e i suoi impatti presenti e futuri sulle nostre vite. Si tratta di vere e proprie perle culturali sui temi dell’innovazione.

7.    Massimo, lei parla spesso di futuro: come e se cambierà quello delle persone con disabilità o di altre fasce della popolazione più fragili grazie alle nuove tecnologie?

Uno degli aspetti più interessanti dell’impatto che le tecnologie del futuro potranno avere sulle nostre vite è proprio il superamento di alcune forme di disabilità o, più in generale, il miglioramento complessivo della qualità della vita delle persone.

Se ci pensiamo bene, già oggi buona parte della popolazione porta gli occhiali, che altro non sono che una tecnologia utilizzata per mitigare una disabilità. Disabilità che, nella maggior parte dei casi, scompare.

Le tecnologie del futuro svolgeranno un ruolo centrale in quest’ambito, si pensi per esempio alla generazione automatica dei sottotitoli, una tecnologia ormai alla portata di tutti che consente alle persone sorde di comprendere meglio i contenuti audiovisivi a cui accedono. Oppure, spingendosi ancora più in avanti, si pensi alla possibilità di stabilire dei veri e propri bypass neurali in grado di far comunicare tra loro parti del corpo che, per incidenti o malattia, abbiano subito delle lesioni nervose. Grazie a queste tecnologie sarà possibile far camminare nuovamente persone che hanno subito lesioni midollari gravi. Su questo, per esempio, sta lavorando Neuralink. Un progetto ambizioso, ma dalle potenzialità straordinarie.

Allo stesso modo gli algoritmi di intelligenza artificiale verranno sempre più utilizzati a scopo diagnostico, mentre abbiamo già oggi a disposizione dispositivi indossabili in grado di monitorare alcuni parametri vitali e segnalarci se qualcosa non funziona alla perfezione. Si tratta di tecnologie che già oggi salvano la vita delle persone.

8.    IA generativa: quale pensa siano le applicazioni più interessanti nel campo ambientale, sanitario e culturale?

Sul tema dell’IA generativa c’è da dire che per il momento abbiamo soltanto scalfito la superficie delle potenzialità, il meglio deve ancora arrivare e non ci vorrà molto tempo.

Le applicazioni potenziali in ambito ambientale riguarderanno probabilmente un miglioramento dell’integrazione con le metodiche di osservazione della terra, con un perfezionamento della precisione dei modelli climatici e un significativo aumento della capacità di prevedere gli eventi meteorologici più estremi, aiutando anche a mitigare l’impatto sul clima delle attività umane. Allo stesso tempo migliorerà la capacità di mappare e monitorare al meglio le biodiversità, identificare specie a rischio e pianificare interventi di conservazione più efficaci.

Il campo sanitario avremo un potenziamento della personalizzazione delle cure, un miglioramento sensibile nella capacità di produrre farmaci e vaccini e una capacità diagnostica decisamente superiore a quella attuale, proprio grazie all’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale da parte del personale medico.

Anche il mondo della cultura trarrà un significativo miglioramento dall’utilizzo di questi algoritmi, si pensi per esempio al restauro digitale di opere d’arte danneggiate, alla creazione di nuove forme d’arte proprio grazie all’utilizzo sapiente di questi strumenti da parte degli artisti. Non dimentichiamo, infine, la disponibilità di nuove tipologie di materiali didattici e di nuove forme di esperienze educative, a tutto vantaggio degli studenti delle nuove generazioni

9.    Ho chiesto a ChatGPT di ipotizzare una domanda per lei. Ne ha formulata una da vero “geek”: “Massimo, quali sono le tendenze più interessanti che hai osservato nel campo dell’informatica e dello sviluppo software recentemente, e come pensi che influenzeranno il futuro della tecnologia?”.

Per capire quali saranno le tendenze più interessanti nello sviluppo di software, o più in generale lo sviluppo di ecosistemi digitali complessi, è necessario provare a immaginare come saremo in futuro noi esseri umani, come vivremo e di cosa avremo bisogno. Ipotizzando di avere a disposizione Assistenti Digitali Universali all’interno dei nostri Smart Glasses è molto probabile che le direzioni da seguire siano principalmente due:

1) Rendere gli Assistenti Digitali Universali davvero “universali”, integrandoli quindi all’interno di un completo ecosistema di applicazioni, contenuti e servizi. Non ha senso creare tutta l’infrastruttura software per la richiesta di una prenotazione di una vacanza, se poi manca l’ultimo pezzo: quello della prenotazione vera e propria di alberghi e ristoranti. Soltanto lavorando in una logica di ecosistema questi prodotti potranno diventare davvero utili e ,appunto, “universali”.

2) Rendere applicazioni, contenuti e servizi disponibili all’interno degli smart glasses che arriveranno presto sul mercato e che, con il tempo, sostituiranno i nostri smartphone. Esisteva un mondo prima degli smartphone, esisterà un mondo dopo gli smartphone quando avremo dispositivi in grado di sostituirli. I migliori candidati sono rappresentati dalle nuove generazioni di smart glasses. Dobbiamo da subito ragionare in quest’ottica e iniziare a prepararci per questo cambio completo di scenario.

Una cosa è certa: siamo solo all’inizio.

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