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Metaverso: è un’opportunità per la Scuola?

Secondo il “GoStudent Future of Education Report 2023” il 79% degli studenti italiani desidera arrivare ad una scuola più tecnologica ma, dato non trascurabile, 2 studenti su 10 faticano a credere che ciò si realizzi. Per la lentezza del nostro Paese? Per una politica incapace di agire in anticipo? Per la burocratizzazione? Per una Scuola molto spesso ingiusta? Forse per tutte queste cose messe insieme. Ma la Gen Z desidera che la tecnologia diventi parte essenziale, anzi costituente, della nuova Scuola.

L’Italia investirà 2,1 miliardi di euro del PNRR per rendere le scuole più tecnologiche e innovative: nuove classi, strumenti e laboratori interattivi per l’apprendimento.

È vero che non siamo abituati a vedere i cambiamenti ma c’è da dire che siamo già in una Scuola molto diversa da quella di vent’anni fa: e-book, libri interi in formato digitale, lim, tablet, registro elettronico. Ed è altrettanto vero che, molto spesso, avanzare in termini tecnologici non vuol dire sempre avanzare in termini educativi e sociali.

Ad ogni modo, dobbiamo augurarci che il metaverso diventi ordinaria amministrazione a scuola?   Ci sono già startup, in ambito educativo, sul territorio nazionale. I risultati appaiono confortanti.

Prima di tutto partiamo da una considerazione: le resistenze al cambiamento sono innaturali quando si parla di realtà aumentata, metaverso e realtà virtuale. La nostra (umana) innata capacità immaginifica che può essere esercitata indiscriminatamente in qualsiasi momento, a qualsiasi ora, per qualsiasi cosa e con chiunque, è la base del progresso. La nostra mente è già un primordiale visore gratuito per tutti. Nella letteratura, nel cinema, nell’arte, utopia e distopia si sono sempre alternate e ancora si alternano per cercare mondi futuri possibili. Basti pensare che il termine Metaverso, ad esempio, lo si incontra per la prima volta nel romanzo di Neal Stephenson “Snow Crash” pubblicato nel 1992.

Ma cos’è il metaverso? È una “rete interoperabile e su larga scala di mondi virtuali tridimensionali rappresentati in tempo reale, che può essere esperita in maniera sincrona e persistente da un numero illimitato di utenti con una sensazione individuale di presenza, e con continuità di dati, come l’identità, la storia, i diritti acquisiti, gli oggetti, le comunicazioni e i pagamenti” [Matthew Ball]

Nel metaverso “la persistenza è la proprietà che permette al metaverso di operare senza fine e senza la possibilità di essere messo in pausa o essere spento. Sotto questa condizione gli effetti delle azioni compiute da un utente rimangono visibili indefinitamente e visibili anche dagli altri. Ad esempio, se distruggo un segnale stradale in un mondo del metaverso, non ricomparirà al mio prossimo accesso (come oggi avviene nei videogiochi)”. [Report, Osservatorio Metaverso]

Si è stimato che entro il 2030, quindi a breve, l’impatto del metaverso sarà decisivo per diversi settori, anche per quanto riguarda Educazione e Istruzione. Accantoniamo per un attimo la questione sempre verde dei rischi e cerchiamo di visualizzare le opportunità che il metaverso può offrire alla Scuola di oggi. Nonostante ancora non sia accreditata totalmente come realtà possibile, il metaverso suggerisce al mondo dell’Educazione e dell’Istruzione nuove opportunità di apprendimento, soprattutto in tutte quelle situazioni dove le disuguaglianze sociali creano distanze incolmabili e alcune forme di disagio psicologico necessitano di spazi diversi per essere affrontati e superati, anche a scuola.

Il metaverso abbatte ogni confine e limite fisico e permette di “fare esperienza”.

È forse questo uno dei motivi per cui abbandonarsi al metaverso potrebbe essere una grande opportunità; mondi connessi e orizzontali, senza realtà soccombenti e realtà sopraffacenti. Una dimensione ideale per la cooperazione e collaborazione. Nelle realtà scolastiche in cui il metaverso si usa già, “fare esperienza diretta” di ciò che si impara solitamente (chimica, fisica, storia, filosofia ecc) velocizza e migliora le capacità di apprendimento. Fare esperienza diretta, inoltre, aumenta i livelli di empatia con la quale molti dei fenomeni che attanagliano la scuola di oggi, bullismo e cyberbullismo, potrebbero essere arginati in maniera più veloce. Il metaverso se pensato, dunque, per diminuire le difficoltà e aumentare le opportunità, impiegato anche in tutti quei contesti educativi privi di strumenti per tutti, dovremmo augurarci che arrivi presto come realtà effettiva ovunque. Avrebbe risvolti discutibili, invece, se lasciato come dimensione da vivere in perfetta solitudine. 

Ma come per tutte le cose, anche sognando o entrando in universi paralleli, senza formazione, responsabilità e consapevolezza anche il metaverso può diventare una prigione, il luogo per il captīvus del domani. La tecnologia senza formazione e consapevolezza può isolare; veniamo fuori dalla pandemia e dalle conseguenze di una didattica a distanza che ha trovato impreparati soprattutto i grandi. E se da una parte c’è stata una spinta vitale, grazie all’emergenza sanitaria vissuta di recente, verso l’uso del digitale, dall’altra ciò che già era in condizioni di fragilità si è rotto

Serve, in questo momento, una grande mobilitazione culturale che intervenga prima di tutto generando un ripensamento del sistema scolastico attuale. Perché, altrimenti, una scuola innovativa in un sistema pieno di buchi e disomogeneo su tutto il territorio nazionale potrebbe solo essere un danno per tutti, non solo per docenti e studenti. Non serve correre ma andare incontro alle novità con grande attenzione, con dati alla mano e grande fiducia.

I timori e le perplessità, ad ogni modo, non appartengono alle nuove generazioni già digitali; ragazzi e ragazze abituati alle realtà immersive, ai giochi e all’uso dei social network, sono già pronti con grande slancio a farne esperienza. 

La tecnologia non si ferma. È inutile sperarlo. C’è nella “buona” tecnologia, quella portata avanti con le migliori intenzioni, una forma di giustizia sociale che può metter tutti nelle stesse condizioni di partenza. Ed è a scuola che questo può e deve accadere. Strada da fare ce n’è. Ma meglio rallentare il passo; camminare, stavolta, può portarci in un domani non distopico ma sostenibile e decisamente praticabile.

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