In un mondo sempre più digitale e automatizzato, quanto ci fidiamo di queste tecnologie? Una nuova ricerca esplora i contesti in cui le persone hanno più fiducia nel dialogo con i “virtual humans”.
Con l’avanzare della tecnologia, i virtual humans, rappresentazioni digitali di esseri umani create tramite intelligenza artificiale, stanno rapidamente trovando spazio in ambiti sempre più ampi, dalle piattaforme social ai contesti aziendali agli spazi pubblici della pubblica amministrazione. Ma siamo davvero pronti a fidarci di queste figure digitali?
È ormai sempre più frequente trovare chatbot sui siti web della Pubblica Amministrazione o delle aziende, con cui si può interagire per ottenere informazioni sui servizi pubblici o verificare la disponibilità di un prodotto d’interesse. Anche in spazi pubblici, è possibile interagire con avatar virtuali dall’aspetto umano tramite totem digitali. Eppure in questa spinta digitale diventa sempre più una necessità domandarci quanto effettivamente ci fidiamo del dialogo digitale, della condivisione dei nostri dati e delle risposte che ci vengono fornite virtualmente.
Un recente articolo scientifico, pubblicato dal Professor Michael Gerlich della Swiss Business School, getta nuova luce su come il pubblico percepisce l’uso di queste tecnologie, rivelando un panorama complesso e carico di sfide.
La ricerca, basata su tre esperimenti con oltre 370 partecipanti, ha esaminato il livello di fiducia e accettazione dei virtual humans in tre contesti principali: social media, ambienti di lavoro e contesti pubblici. I risultati evidenziano un aspetto interessante: la fiducia nei confronti di queste tecnologie varia notevolmente a seconda del contesto e della trasparenza con cui viene comunicato l’uso dei virtual humans.
Cambia la fiducia in chatbot e virtual humans, se cambia il contesto?
Nell’ambito dei social media, il pubblico sembra accettare con più facilità l’uso di virtual humans. L’interazione con personaggi virtuali su piattaforme come Instagram o TikTok non ha causato forti reazioni negative, anche quando i partecipanti hanno scoperto la natura digitale dei virtual humans. Sembra che in uno spazio già percepito come altamente digitale la presenza di figure artificiali non costituisca una minaccia per la fiducia del pubblico.
Diverso è invece il discorso negli ambienti di lavoro. Nel contesto aziendale, i virtual humans hanno suscitato perplessità, soprattutto quando i partecipanti hanno appreso di non interagire con veri esseri umani. La fiducia e la competenza percepite sono calate significativamente, con i partecipanti che hanno espresso preoccupazione per la trasparenza delle aziende e per le implicazioni etiche del loro uso.
Il declino maggiore della fiducia è stato riscontrato nelle interazioni pubbliche. Qui, i partecipanti hanno espresso forti riserve sull’uso dei virtual humans, considerandoli una minaccia alla trasparenza e all’etica, soprattutto quando si trattava di decisioni importanti o questioni sensibili. La ricerca ha messo in luce una forte richiesta di norme etiche e trasparenza da parte delle istituzioni che intendono utilizzare tali tecnologie.
La trasparenza come chiave per il futuro dell’automazione
Uno dei punti chiave emersi dallo studio è l’importanza della trasparenza. Rivelare chiaramente l’uso della tecnologia e i limiti dei virtual humans potrebbe essere la chiave per guadagnare la fiducia del pubblico. Senza una comunicazione chiara e norme etiche ben definite, l’accettazione dei virtual humans potrebbe rimanere limitata a contesti già digitali come i social media.
Il futuro dei virtual humans appare dunque ambivalente. Da un lato, la loro presenza sembra destinata a crescere, soprattutto nelle piattaforme social dove l’interazione con contenuti digitali è ormai parte integrante dell’esperienza utente. Dall’altro, il loro utilizzo in contesti ad alta complessità, come il lavoro o la sfera pubblica, richiede ancora un lungo percorso di accettazione e regolamentazione.
L’accettazione sociale dei virtual humans dipenderà dalla capacità delle aziende e delle istituzioni di bilanciare innovazione e fiducia. Solo garantendo trasparenza questi strumenti potranno davvero integrarsi in modo positivo nel nostro quotidiano.