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Innovazione digitale, Del Cioppo (Key Partner): “Servono competenze tecniche e soft skill trasversali”

Lino Del Cioppo Key Partners

Intervista al presidente e amministratore delegato di Key Partner, società specializzata nella digital transformation, cyber security e management consulting con sedi a Milano, a Roma e nel Sud Italia a Termoli.

di Giuseppe Lanese

Il “triangolo” dell’innovazione di Key Partner collega Roma, Milano e una città del sud: Termoli. Diciannove milioni di euro netti di fatturato nel 2023 e circa 300 dipendenti. La società specializzata nella digital transformation, cyber security e management consulting e nella fornitura di prodotti proprietari in ambito ICT è guidata dal presidente e amministratore delegato Lino Del Cioppo.

Key partner è sponsor di Forum PA. A Termoli ha avviato L’Intelligent Automation Hub, struttura nata per accelerare i processi di automazione nelle imprese e ha stretto anche una partnership con l’Università del Molise per individuare e formare i nuovi giovani talenti del Sud. Abbiamo intervistato l’AD Del Cioppo per parlare con lui di innovazione, di digitale, di competenze e di futuro.

Partiamo dal nostro sistema Paese. A che punto siamo e che futuro ci aspetta in termini di politiche e investimenti per l’innovazione e il digitale in Italia?

“L’Italia ha sicuramente compiuto progressi significativi sul fronte dell’innovazione e del digitale, specialmente negli ultimi anni, ma c’è ancora molto lavoro da fare per consolidare questi traguardi. Grazie al PNRR abbiamo assistito a un’accelerazione degli investimenti in infrastrutture digitali, ma il vero nodo da sciogliere è come far sì che queste risorse vengano utilizzate per generare valore duraturo. In questo contesto, il digitale non può essere visto solo come uno strumento, ma come il fulcro di una trasformazione culturale. L’innovazione non deve riguardare solo la tecnologia, ma anche il modo in cui pensiamo, lavoriamo e collaboriamo. Guardando avanti, vedo un’Italia che deve necessariamente puntare su un ecosistema innovativo, capace di connettere startup, imprese mature e centri di ricerca per creare un tessuto economico forte e resiliente. Questa integrazione sarà fondamentale per sfruttare appieno le potenzialità del digitale e rimanere competitivi a livello globale. È una questione che va oltre la tecnologia: serve un cambiamento di mindset, un approccio più collaborativo e meno frammentato. Soprattutto, dobbiamo sostenere un sistema formativo che prepari le nuove generazioni a interpretare e guidare questi cambiamenti. Da imprenditore, vedo la sfida dell’Italia non tanto nel colmare un gap tecnologico, quanto nel superare un ritardo culturale. Bisogna fare in modo che l’innovazione diventi un pilastro del nostro dna collettivo, trasformando la mentalità dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni. Solo così potremo sfruttare appieno le opportunità offerte dall’era digitale. E questo richiede uno sforzo congiunto: investimenti mirati, politiche coraggiose, ma soprattutto una visione chiara e condivisa”.

Quale direzione dovrebbe prendere l’Europa per superare i ritardi nella formazione STEM, come indicato dal rapporto di Mario Draghi?

“L’Europa si trova di fronte a una sfida cruciale in ambito STEM, e credo che la direzione da intraprendere debba essere una vera e propria rivoluzione nel modo in cui formiamo e prepariamo le future generazioni. Da imprenditore che opera nel campo della tecnologia, vedo ogni giorno la necessità crescente di competenze tecniche avanzate, ma anche di soft skill trasversali. Non basta formare professionisti che sappiano programmare o usare strumenti innovativi: è essenziale che sappiano interpretare il cambiamento e guidarlo con creatività e visione strategica. Per questo credo che l’Europa debba investire in un sistema educativo che non solo promuova la scienza e la tecnologia, ma che sia in grado di creare ponti tra le discipline. I programmi STEM dovrebbero diventare più interdisciplinari, con una maggiore enfasi su capacità come il problem-solving, la collaborazione e il pensiero critico. Questo è il futuro che vedo per il nostro continente: una formazione più ampia, che sia capace di coniugare l’approfondimento tecnico con lo sviluppo di una mentalità innovativa e flessibile. E infine, serve una rete europea più solida che colleghi università, imprese e istituzioni. Le aziende devono giocare un ruolo attivo nel formare i giovani talenti, perché nessuno meglio di chi lavora sul campo conosce le competenze realmente necessarie per affrontare il mercato del lavoro. Sono convinto che, con la giusta sinergia, l’Europa possa recuperare il gap e diventare leader globale nell’innovazione”.

Il successo dell’intelligenza artificiale dipende dalla sua capacità di adattarsi alle varie esigenze e alle necessità di aziende, clienti e utenti. L’AI si è diffusa velocemente in tutto il mondo e in tutti i settori. Quali scenari si prospettano per le aziende e per la società?

“L’intelligenza artificiale ha senza dubbio rivoluzionato il modo in cui operiamo, ma siamo solo all’inizio di una trasformazione che toccherà profondamente tutte le aziende e la società nel suo insieme. L’AI rappresenta una straordinaria opportunità, ma anche una responsabilità: non si tratta semplicemente di implementare nuove tecnologie, ma di ripensare interi modelli operativi, di business e sociali. Per le aziende, l’AI sta già cambiando il modo in cui approcciamo i dati, miglioriamo l’efficienza e personalizziamo i servizi, ma la vera sfida è comprendere come sfruttarla per creare valore a lungo termine. Non basta automatizzare i processi: l’intelligenza artificiale deve diventare uno strumento per liberare creatività e potenziale umano, permettendo ai professionisti di concentrarsi su attività ad alto valore aggiunto. In questo senso, credo che le aziende di successo saranno quelle capaci di integrare l’AI con un approccio human-centric. A livello sociale, vedo un futuro in cui l’intelligenza artificiale sarà parte integrante della nostra quotidianità, ma dovremo essere molto attenti a come bilanciamo l’efficienza tecnologica con le implicazioni etiche. È un equilibrio delicato, ma necessario per evitare che l’AI diventi una minaccia per l’occupazione o crei disuguaglianze. Credo che il nostro compito come leader del settore sia garantire che l’innovazione rimanga al servizio dell’uomo, promuovendo inclusione e sostenibilità”.

Si parla molto anche dell’impiego dell’AI nel campo dell’istruzione e della formazione.

È possibile utilizzare questa tecnologia senza sostituire le professionalità esistenti?

“L’AI può e deve essere un supporto straordinario per il settore dell’istruzione, ma non deve sostituire il fattore umano. L’insegnamento non è solo trasmissione di informazioni: è ispirazione, guida, ed empatia, tutte qualità che una macchina, per quanto sofisticata, non può replicare. In questo senso, vedo l’intelligenza artificiale come un potenziatore del ruolo degli educatori, non come un sostituto. Immagino un futuro in cui l’AI possa aiutare gli insegnanti a personalizzare l’esperienza di apprendimento, adattando i contenuti in base ai bisogni specifici degli studenti e offrendo strumenti di supporto per rendere l’educazione più inclusiva. Questo potrebbe liberare i docenti dal peso di attività ripetitive e permettere loro di dedicare più tempo a ciò che conta davvero: costruire relazioni con gli studenti e stimolarne il pensiero critico. Il futuro dell’istruzione, a mio avviso, sarà ibrido: una combinazione tra la capacità tecnologica dell’AI e l’umanità degli insegnanti. È un equilibrio che dobbiamo perseguire con attenzione, investendo nelle competenze necessarie affinché i professionisti dell’educazione possano sfruttare appieno le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale senza sentirsi minacciati dalla sua presenza”.

La sua azienda ha deciso di investire sui giovani talenti anche nel Sud Italia, in Molise. Di cosa si tratta e quali sono i risultati?

“Il nostro Intelligent Automation Hub a Termoli è un progetto che mi sta particolarmente a cuore, perché va oltre il semplice investimento in tecnologie avanzate: è un investimento nel territorio, nelle persone e nella loro crescita professionale. Sono molisano e conosco bene il valore inespresso di questa terra, e aprire un polo d’eccellenza qui è stata una scelta strategica ma anche personale. Oggi a Termoli lavorano circa 50 professionisti, e siamo solo all’inizio. L’Intelligent Automation Hub è un centro di eccellenza dove si sviluppano soluzioni innovative in ambito di automazione avanzata e integrazione di sistemi, competenze che esportiamo a livello nazionale e internazionale. Il nostro obiettivo non è solo creare occupazione, ma dimostrare che si può fare innovazione anche al di fuori delle grandi città. È un progetto che sta già dando risultati eccezionali, sia in termini di crescita del team che di impatto sul territorio. Credo fermamente che iniziative come questa possano contribuire a invertire il fenomeno della fuga di cervelli, offrendo ai giovani talenti un motivo per restare, per crescere professionalmente senza dover abbandonare la loro terra. E non mi fermo qui: stiamo investendo per espandere ulteriormente il team e sviluppare nuovi progetti, perché il Molise ha ancora molto da dire”.

Come procedono le collaborazioni con l’Università del Molise e il progetto di una Academy?

“Siamo molto soddisfatti della sinergia che abbiamo creato con l’Università del Molise. Questo ci ha permesso di costruire una base solida su cui far evolvere i nostri progetti di formazione. Per quanto riguarda la nostra Academy, siamo nella fase finale di perfezionamento. Il nostro obiettivo è offrire un percorso formativo completo, che unisca l’esperienza diretta sul campo con momenti di formazione teorica. I ragazzi avranno così la possibilità di confrontarsi con progetti reali, acquisendo competenze pratiche in un contesto protetto ma estremamente dinamico. Credo che questo approccio sia quello che può davvero fare la differenza per i giovani professionisti che entrano nel mondo del lavoro oggi”.

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