Anche per le aziende diventa particolarmente importante valutare il comportamento dei propri dipendenti quando sui social media contribuiscono alla reputazione del brand. L’indagine condotta dalla multinazionale delle relazioni pubbliche Weber Shandwick infatti ha messo in evidenza come il tema della costruzione dell’immagine pubblica del brand sui social da parte dei dipendenti di un’azienda sia in realtà ancora poco dibattuto, ma non per questo meno importante e stimolante. Lo studio condotto dalla multinazionale in 15 diversi paesi evidenzia infatti che quasi la metà dei dipendenti intervistati (43%) pubblica sui social messaggi, foto o video sull’azienda per cui lavora. Il 33% ha invece condiviso comunque un commento positivo sulla propria azienda, mentre solo l’11% ha condiviso online critiche o commenti negativi. L’indagine, denominata “Employees Rising: Seizing the Opportunity in Employee Activism”, ha messo a fuoco anche la propensione delle aziende a incentivare il proprio staff alla pubblicazione sui social di notizie inerenti il proprio lavoro, riscontrando buoni risultati. I rischi? Un attivismo digitale non consapevole, che può far perdere di vista gli obiettivi concreti dell’attività aziendale, ma anche uno scarso coinvolgimento (28%) degli europei in generale nelle dinamiche aziendali. Il lavoro svolto dalla Weber Shandwick ha portato alla classificazione di sei modelli di comportamento social dei dipendenti, dai “ProAttivi” (18% del totale europeo) che sono i più attivi e positivi sui social, fino ai “PreAttivi” (32%), che condividono qualche critica ma mantengono comunque un buon grado di attività. A seguire le altre categorie, IperAttivi, ReAttivi, Detrattori e InAttivi (questi ultimi costituiscono comunque il 20% del totale). Numeri che confermano quanto sia sempre più importante monitorare il fenomeno, soprattutto in considerazione del fatto che “il potenziale di advocacy in Italia è ancora più alto – come ha sottolineato Linda Bulgheroni, managing director di Weber Sandwick Italia – nel nostro paese infatti è ancora maggiore (36%) la percentuale rilevata di dipendenti PreAttivi, a fronte di un numero minore di soggetti che compiono tutte le azioni possibili di supporto all’organizzazione”.
Antonio Lionetti