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Chi sono gli influencer e perché chi fa comunicazione pubblica deve costruirci una relazione

Se fossimo negli anni ’50 li chiameremo leader d’opinione, quelli della teoria dell’illustre studioso della comunicazione di massa Paul Lazarsfeld. Oggi, in piena rivoluzione digitale, li chiamiamo influencer.

Gli influencer sono quegli individui che riescono a indirizzare e convogliare l’interesse, le idee e i comportamenti di una community più o meno grande sul web. Talvolta godono di popolatrità ed autorevolezza che risale alla loro vita analogica, altre volte sono persone che approdano nel mondo digitale come dei perfetti sconosciuti e piano piano la loro voce inizia ad alzarsi un gradino sopra le altre e a godere di visibilità. Sono per esempio fashion blogger, attivisti di Green Peace ma anche giornalisti con un gran seguito. I loro habitat naturali sono Twitter, Facebook, Google Plus e i blog in cui scrivono, la loro importanza si misura in K follower. Quale la formula magica, la fortunata combinazione astrale che porta l’uomo comune a diventare qualcuno sul web? Non ci è dato sapere, anche se vogliamo credere che nella maggior parte dei casi il talento e la competenza c’entrino qualcosa. Ciò che è certo è che questi individui non possono essere ignorati, soprattutto da chi si trova alla fonte dell’informazione che è oggetto di interesse, ma anche di dibattito per l’influencer.

Di questo delicato tema ha parlato Daniele Chieffi, responsabile ufficio stampa web di Eni, durante Dig.it 2014, la rassegna di workshop sul tema del giornalismo digitale che quest’anno ha avuto luogo a Prato.

Le parole d’ordine per gestitre bene il rapporto digitale tra comunicatore e influencer sono trasparenza e fiducia, anche quando capita di stare dalla parte opposta della barricata. Stabilire un dialogo alla pari e sincero con l’interlocutore, coinvolgendolo e partecipando alle discussioni. Aprire con lui un canale speciale di comunicazione dove l’unica merce che la fonte ha da offrire sono contenuti di valore. In questa direzione, la necessità di relazionarsi con le community e gli influencer di riferimento porta ad un’evoluzione nell’organizzazione del lavoro dell’ufficio stampa, che deve essere sempre più capace di produrre contenuti elaborati, affidabili e di grande valore per gli stakeholder. Un lavoro di creazione, sempre più redazione e sempre meno ufficio.

Il pericolo è che l’influencer percepisca queste attenzioni come ruffianeria, come un tentativo di comprare la sua reputazione e indurlo a fare marchette. Ma c’è anche il caso in cui l’influencer abbia come obiettivo quello di vendere la sua reputazione digitale, pretendendo un compenso. Nel web social una sottile linea divide la comunicazione pubblica, dalla pubblicità. Al bravo comunicatore spetta la capacità di distinguerle.

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