A Firenze nasce il Museo Novecento. La data di inaugurazione è il 24 giugno, festa del patrono San Giovanni Battista: a suo modo un grande comunicatore, ma è solo una coincidenza. Non è casuale invece che un museo dedicato al ventesimo secolo che si apre nel 2014 raccolga le sfide della comunicazione digitale.
Il Novecento è il secolo di grandi espressioni artistiche, che trovano ampia e accurata rappresentazione nel complesso monumentale delle Leopoldine in piazza Santa Maria Novella, ma il Novecento è anche il secolo in cui è iniziata l’era digitale. E’ significativo che l’inventore del primo computer, il tedesco Konrad Zuse, fosse un ingegnere con l’hobby dell’arte: con lo pseudonimo KunoSeedipingeva quadri di impronta futurista e, quando posava il pennello, costruiva i suoi prototipi di calcolatore a Berlino negli anni della seconda guerra mondiale. Nel 1965 compaiono i primi computer da tavolo e nel 1975 i primi pc. Gli emoticon, che oggi tutti digitiamo a profusione, sono del 1979. La prima macchina fotografica digitale scatta nel 1981; undici anni dopo la prima webcam. Nel 1969 nasce Arpanet, embrione di internet, che invece data 1983; il 6 agosto 1991il primo sito web, pubblicato daTim Berners-Lee, il padre del World Wide Web. Il primo smartphone è del 1992.
Tutto questo c’entra apparentemente poco con i contenuti del Museo Novecento, ma gli sviluppi delle conquiste tecnologiche avviate nel secolo scorso ci aiutano oggi a vivere la fruizione culturale con modalità nuove, interessanti non solo per gli esperti e gli appassionati di arte.
Le opere del nuovo museo a Firenze sono suddivise in 15 sezioni espositive e in un percorso di visita corredato da 30 dispositivi multimediali e da postazioni sonore. I visitatori potranno vivere l’esperienza del Novecento anche con l’ausilio di schermi touchscreen e tablet ricchi di contenuti digitali. Le app consentiranno visite virtuali e anche giochi interattivi per i più piccoli.
E poi ci sono i social media. Museo Novecento, contestualmente alla sua inaugurazione, muove i primi passi su Twitter con l’account @MuseoNovecento e su Facebook con la pagina Museo Novecento Firenze.
Esistono già esperienze social di altri musei, in Italia e nel mondo.
Il Museo del Novecento di Milano ha più di 6.700 follower su @museodel900; il @gamtorino 8.600; l’arte contemporanea del MAXXI di Roma @Museo_MAXXI ne ha oltre 30mila.
In America, dove il successo dei social network si registra da tempo anche in ambito culturale, troviamo mezzo milione di follower per il @GettyMuseum, 750mila per il Metropolitan di New York @metmuseum, 978mila per il @Guggenheim, 1 milione e 700mila per il MoMA @MuseumModernArt.
Le Tate galleries britanniche sono tutte riunite in un unico account @Tate con più di un milione di follower.
Altri esempi europei: @MuseeLouvre 114mila seguaci su Twitter; @state_hermitage 145mila; @museodelprado 250mila.
A Firenze si segnalano @musefirenze, account di Mus.e, l’associazione che cura eventi nei musei fiorentini – da Palazzo Vecchio allo stesso Museo Novecento – e in altri luoghi di attrazione turistica come la torre di San Niccolò; @PoloMusealeFI, che twitta su gallerie come Uffizi, Accademia, Bargello e giardino di Boboli, il neonato @OperaDuomoFI e l’account ufficiale della @FirenzeCard.
La ricognizione sull’attività social dei musei, in Italia e nel mondo, potrebbe riservare spunti interessanti e anche qualche sorpresa. Ma quel che conta, più del successo in termini di follower, è l’attività sui contenuti. La domanda fondamentale è: perché un museo deve essere presente nei social network? La promozione dell’offerta e delle iniziative speciali è sicuramente un buon motivo, ma è importante riuscire a creare consuetudine di scambio tra visitatori reali e virtuali, stimolando la narrazione dell’esperienza e suscitando curiosità. Scambio di informazioni e di emozioni. Il selfie con l’opera d’arte è allo stesso tempo testimonianza e se vogliamo addirittura espressione artistica, ma anche un approccio giocoso alla fruizione culturale. Certo, gli sforzi per premiare il turismo di qualità non passano da qui, ma la valorizzazione dei beni culturali non può trascurare un marketing generalista. E’ da modalità come queste che nascono iniziative virtuose di crowdfunding che fanno bene alla cultura.
Nel marzo 2014, su iniziativa di alcuni musei francesi, la #MuseumWeek si è allargata a macchia d’olio in tutta Europa coinvolgendo 630 musei in una rete di condivisione di esperienze culturali digitali. In una settimana 104.336 tweet da 57.740 utenti con un hashtag specifico al giorno: #DayInTheLife (racconta la tua giornata tipo all’interno di un museo); #MuseumMastermind (ogni museo propone quiz ai follower); #MuseumMemories (condividi su twitterle opere d’arte preferite); #BehindTheart(storie e aneddoti sui musei); #AskTheCurator (domande in libertà agli esperti dei musei); #MuseumSelfies; #GetCreative(descrivi un’opera in 140 caratteri o tramite un video con Vine).
Altre esperienze simili vengono proposte ogni giorno dai social media manager dei musei. Il MAXXI in occasione dei mondiali di calcio ha lanciato un concorso: vince la foto del tifoso più creativo.
Qualcosa si muove nella spontaneità, insieme a qualche tentativo di fare rete per promuovere cultura. Non mancano le occasioni di studio e di approfondimento: a Lucca ogni anno LuBeC propone interessanti occasioni di scambio sulle tecnologie per i beni culturali. A Firenze nel febbraio scorso – in occasione dell’anniversario della morte dell’Elettrice Palatina – si è svolta l’edizione pilota di “Museums and the Web”, sul tema “Open Museums and Smartcities: storytelling and connected culture”, con una serie di incontri su universal design, social inclusion, accessibilità, realtà aumentata, social media, crowdsourcing, open content, digitalcollaboration e gamification. Sono questi gli sviluppi delle innovazioni tecnologiche avviate nel ‘900 e che oggi ci permettono una nuova, ricca e vivace visione del patrimonio culturale dei secoli che abbiamo alle spalle.
Giovanni Carta @juanpapel